La mediazione educativa per insegnare a pensare

Il Metodo Feuerstein:
la mediazione educativa per insegnare a pensare

di Ester Lombardini

intervento al IV Convegno Internazionale Erickson
“La Qualità dell’integrazione è la qualità della scuola”

 

Perché diventa sempre più importante “insegnare a pensare”?

Oltre al fatto di diventare sempre più efficaci nell’insegnare a studenti con difficoltà di apprendimento, aumentano le ragioni per cui occorre orientarsi verso l’“insegnare a pensare”. Il libro Bianco su Istruzione e Formazione del 1995 lo pone con forza:

“È ormai chiaro che sia le nuove possibilità offerte agli individui che lo stesso clima di incertezza chiedono a ciascuno uno sforzo di adattamento, in particolare per costruire da sé le proprie qualifiche, raccogliendo e ricomponendo conoscenze elementari acquisite in svariate sedi. La società del futuro sarà dunque conoscitiva. È in questa prospettiva che si profila il ruolo centrale dei sistemi di istruzione…
L’istruzione e la formazione diventeranno sempre più i principali vettori di identificazione, di appartenenza, di promozione sociale e di sviluppo personale….
La posizione di ciascuno nello spazio del sapere e della competenza sarà decisiva. Questa posizione relativa, che si può qualificare come “rapporto conoscitivo”, strutturerà intensamente la nostra società.”

Anche dall’Onu, dall’Unicef e dall’OMS ci viene un quadro di riferimento generale delle cosiddette “abilità per la vita” che gli studenti di tutto il mondo dovrebbero acquisire e potenziare nel loro cammino formativo .

- Acquisire pensiero creativo e critico;
- Comunicare in forma adeguata al destinatario;
- Imparare a prendere decisioni tenendo conto dei dati di realtà
- A risolvere problemi specifici
- A gestire le emozioni, a sostenere stress e contenere ansie;
- Ad entrare in sintonia con le persone e gli ambienti.
- Riconoscere le proprie caratteristiche e sviluppare capacità auto-valutatitive;

Quindi i sistemi formativi sono chiamati in causa per qualificare il sapere di cui oggi, e ancor più domani, hanno bisogno la società ed i suoi cittadini.
La società della conoscenza in espansione su scala planetaria richiede una rifondazione dell’umanesimo che non può essere di una parte e per una parte dei suoi abitanti continuando ad alimentare saperi separati ed esclusivi: pertanto ha bisogno di investire sul potenziale conoscitivo di tutti, di qualunque società, cultura, età, genere e condizione, non per costruire nuove egemonie dominanti, ma per realizzare competizioni solidaristiche e cooperazioni nella diversità. La terra è una sola… quanta intelligenza, di tutti gli abitanti del villaggio globale, è chiamata in causa?


Ma è possibile insegnare a pensare?
Tutto il movimento dell’educazione cognitiva lo sostiene ogni individuo è modificabile e “la teoria della modificabilità non è un lusso: salva la vita. Dà a ciascuno la possibilità di far parte della società” (Feuerstein, 2001).
È possibile educare i processi di pensiero, i potenziali intellettivi sono modificabili, educabili e rieducabili grazie all’influenza di mediazioni educative efficaci (Paour, 1998) .

Per tornare al contesto italiano, la scuola sta ridisegnando il suo ruolo in funzione di questa centralità? Le affermazioni della Commissione dei Saggi del 1997 restano un punto di riferimento, affatto obsoleto, anche se pesantemente attaccato su più fronti dai nuovi orientamenti di politica scolastica dell’attuale governo.

“Compito prioritario della nuova scuola è la creazione di ambienti idonei all’apprendimento che abbandonino la sequenza tradizionale lezione-studio individuale-interrogazione per dar vita a comunità di discenti e docenti impegnati collettivamente nell’analisi e nell’approfondimento degli oggetti di studio e nella costruzione di saperi condivisi. Queste comunità dovranno essere caratterizzate dal ricorso a metodi di insegnamento capaci di valorizzare simultaneamente gli aspetti cognitivi e sociali, affettivi e relazionali di qualsiasi apprendimento”.

Insegnare a diventare buoni pensatori, stimolare lo sviluppo delle abilità di pensiero e la consapevolezza dei propri processi mentali implica ridisegnare anche il ruolo dell’adulto non più come trasmettitore di conoscenze, ma mediatore, facilitatore dei processi di apprendimento.
Entro questo ricco filone di ricerca di una didattica speciale per la normalità di cui questo convegno è una mirabile sintesi, si colloca anche il Metodo Feuerstein.
Questa proposta pedagogica ha dato un contributo fondamentale e fortemente innovativo sul come si può lavorare sul potenziale di apprendimento sia di soggetti disabili sia di soggetti “normali”, appartenenti anche a culture diverse e si caratterizza come uno dei primi approcci metacognitivi in ambito educativo e riabilitativo.

 

COS'E' IL METODO FEUERSTEIN?

 

IL P.A.S. PROGRAMMA DI ARRICCHIMENTO STRUMENTALE
(METODO FEUERSTEIN)
è un programma di intervento cognitivo e metacognitivo utilizzato a partire dagli 8 anni


FINALITÀ:
Accrescere la modificabilità dell’individuo attraverso la attivazione
e lo sviluppo dei prerequisiti del pensiero: le funzioni cognitive

AFFRONTA QUESTIONI CENTRALI DELL’APPRENDIMENTO
- E’ possibile apprendere?
- Come si apprende?
- Quali le possibili ragioni del mancato apprendimento?
- Come fare per intervenire?

MODALITÀ DI LAVORO
Il P.A.S. è composto da esercizi carta-matita che non hanno riferimenti diretti ai contenuti disciplinari

Gli esercizi costituiscono la base di partenza per il lavoro di riflessione metacognitiva attivato dall’individuo attraverso l’interazione con il mediatore che non dà risposte ma indirizza e orienta sull’analisi dei processi di pensiero messi in atto durante la risoluzione del problema

Si lavora per esempio:
- sulla lettura attenta e sulla decodifica delle consegne
- sulla definizione del problema
- sulla ricerca dei dati rilevanti
- sulla analisi delle strategie di soluzione,
- sulle difficoltà incontrate,
- sull’errore come fonte di apprendimento,
- sulla trasposizione degli apprendimenti in altri contesti,

 

 

QUALI CAMBIAMENTI PUO' PRODURRE?

Prova della correzione delle funzioni cognitive carenti

Acquisizione del vocabolario, dei concetti, delle operazioni... necessari alla soluzione dei problemi

Creazione di motivazione intrinseca attraverso la formazione di abitudini e di un sistema interno di necessità

Sforzo spontaneo per definire il problema

Uso spontaneo del vocabolario e dei concetti acquisiti

Lettura spontanea delle istruzioni prima di iniziare un lavoro

Correzione spontanea degli errori

Utilizzo spontaneo delle operazioni, strategie e concetti acquisiti

Controllo spontaneo del proprio lavoro

Aumento del bisogno di precisione in se stessi e negli altri

Uso spontaneo di altre fonti di informazione e di supporti di riferimento

Aumento della responsabilità rispetto al materiale di lavoro

Diminuzione dell'impulsività

 

Interesse ad aggiornarsi dopo un periodo di assenza scolastica

Riduzione del numero delle cancellature

 

 

Aumento della pertinenza e della completezza delle risposte

 

 

Lavoro più sistematico

 

 

Aumento del comportamento di pianificazione

 

 

Aumento dell’utilizzo dell’evidenza logica

   

 

Aumento della motivazione intrinseca al compito

 

Prova di pensiero più riflessivo e dello sviluppo dell'insight

 

Superamento di un'attitudine cognitiva passiva

Maggior curiosità rispetto ad argomenti e concetti nuovi

Aumento delle risposte divergenti

Diminuzione di spiegazioni supplementari e di aiuto chiesto prima di svolgere un compito

Aumento dei tempi di attenzione e di concentrazione

Atteggiamento più riflessivo prima di dare risposte

Aumento della disponibilità a partecipare alla discussione e a porre domande

Maggiore disponibilità a confrontarsi con compiti più difficili con diminuzione dell'ansia e della paura di insuccesso

Aumento della disponibilità ad ascoltare i compagni e maggior tolleranza verso le opinioni degli altri

Aumento della fiducia in se stesso, miglioramento della propria immagine

Maggiore partecipazione e spontaneità

Esempi spontanei di trasposizione

Diminuzione della necessità di criteri esterni per stabilire la correttezza del proprio lavoro

Diminuzione delle assenze scolastiche

Maggiore capacità nell'esplorare diverse alternative prima di prendere una decisione

 

Maggiore disponibilità a misurarsi con le difficoltà e ad accettare le sfide

 

 

 

 

COSA SIGNIFICA APPRENDIMENTO MEDIATO?

Il tipo di relazione dialogica ed interattiva tra adulto ed allievo, rivolta alla modificabilità, caratterizza la cosiddetta esperienza di apprendimento mediato. Per esempio…
Imparare da un fornello bollente…

Quando un bambino si scotta un dito con un tegame sul fuoco, imparerà a tenersene lontano anche se non è detto che si verifichi un cambiamento strutturale: il bambino potrà scottarsi ancora con un altro tipo di fornello o con tipi di pentole diverse o con fonti di calore diversi (vedi figura).
Il mediatore (in genere un genitore, un nonno o chiunque insegna al bambino) mostra al bambino la differenza tra caldo – bollente - freddo (comportamento comparativo); nomina gli oggetti (“questo è un oggetto caldo – questo è freddo”); focalizza le relazioni di causa ed effetto (“quando tocchi un oggetto caldo, rischi di farti male”); trattiene l’impulsività (“se vedi una pentola, non toccarla immediatamente ma avvicinala gradualmente per sentire se è calda”), ecc.

 

 

Tutto questo succede anche ‘spontaneamente’, ma tendiamo a dimenticare che un mediatore umano è necessario per trasmettere tutti questi aspetti. In questo modo il bambino imparerà a trasformare e generalizzare le esperienze e a creare strutture cognitive. Poi imparerà la differenza tra bollente e caldo, e sarà in grado di proteggersi.
Così si genera un effetto duraturo che trasformerà la sua prossima interazione e il suo prossimo processo di apprendimento. Questo è il tipo di cambiamento che il P.A.S. aiuta produrre, un cambiamento che riflette effetti duraturi a lungo termine, molto oltre al periodo di intervento e ai contesti specifico all’interno del quale è messo in atto.