Gli insegnanti come mediatori

 GLI INSEGNANTI COME MEDIATORI

di Carl Haywood *

  

Spesso mi viene posta la seguente domanda: “che cosa c’è di "diverso" nell'educazione cognitiva?”

Molte cose. In particolare ciò che si insegna, i metodi di insegnamento, la partecipazione dei bambini, l'utilizzo del materiale didattico e gli obiettivi insegnamento.

 

Nelle classi cognitive, il ruolo essenziale degli insegnanti è quello del mediatore, in altri termini, l'insegnante del Bright Start è una specie di catalizzatore, che permette il verificarsi di reazioni essenziali sul piano cognitivo: quelle che hanno luogo tra i bambini e i fenomeni che essi incontrano nel loro ambiente. Una delle funzioni importanti dello stile di insegnamento mediato è quella di aiutare i bambini a comprendere il significato generalizzato delle loro esperienze, dei loro nuovi apprendimenti e delle relazioni tra le cose. Il suo obiettivo è quello di stimolare, da ogni contatto dei bambini con gli elementi del contesto (nella scuola, ad esempio, le materie scolastiche), il massimo di apprendimento possibile dei principi e delle strategie generalizzabili che permetteranno loro di percepire il mondo, di pensare sistematicamente, chiaramente ed efficacemente e infine di risolvere i problemi che dovranno affrontare.

In altri termini gli insegnanti spostano l’attenzione su “come si apprende”, portando i bambini a generalizzare i processi cui hanno fatto ricorso per risolvere i problemi.

questi problemi.

 

Gli insegnanti mediatori perseguono questo obiettivo di generalizzazione anche quando insegnano degli argomenti specifici (i contenuti); così, ad es., insegnano ai bambini a contare mettendo in evidenza le possibilità di applicazione del contare in altri contesti. In questo modo, contare è insegnato come strategia cognitiva, cioè come procedimento che permette di trovare quante cose si hanno, piuttosto che come semplice acquisizione della tecnica del contare.

Mentre lavorano per raggiungere questi obiettivi cognitivi, gli insegnanti-mediatori utilizzano un metodo diverso da quello degli altri insegnanti. Innanzitutto, essi esaminano le proprie interazioni con i bambini alla luce dei 12 criteri di mediazione definiti da Feuerstein.

In secondo luogo, gli insegnanti ricorrono più spesso a certe tecniche specifiche di insegnamento. Ad esempio, pongono domande orientate sul processo, più che sul contenuto dell’informazione, perché il modo di trovare la soluzione è importante almeno quanto la soluzione stessa.

 

In terzo luogo, gli insegnanti-mediatori accettano il più possibile le risposte dei bambini, ma a partire da queste risposte cercano di spingerli ad una riflessione più ampia. Per far questo utilizzano espressioni del tipo: "Ci sono altri modi per risolvere questo problema?".

 

In quarto luogo, gli insegnanti-mediatori discutono le risposte dei bambini, chiedendo loro di spiegarle e di giustificarle. Per esempio, dicono spesso "Sì, è giusto, ma come fai a saperlo?" oppure "Facendo in questo modo, che cosa potrebbe non essere giusto?". Le risposte corrette vengono così discusse allo stesso modo di quelle sbagliate.

 

Quinto, gli insegnanti mediatori ricorrono al metodo induttivo nell'insegnamento: chiedono cioè ai bambini di generalizzare a partire da una successione di esempi, di oggetti o di fatti. Essi insegnano anche il valore e l'utilizzo delle regole (in senso generale, non soltanto intese come "regole di condotta") e quanto l'apprendimento può trarre vantaggio dalla generalizzazione delle regole, sul piano dell'efficacia e dell'economia. Gli insegnanti mediatori utilizzano anche la deduzione, ad esempio quando chiedono ai bambini di valutare come le regole si possono applicare a determinate situazioni ("Abbiamo imparato che i palloni verdi vanno nella scatola verde. Questo pallone è verde? Bisogna metterlo nella scatola blu, nella scatola verde o nella scatola rosse? Perché?").

Infine, gli insegnanti mediatori aiutano i bambini a migliorare i loro processi di pensiero a livello metacognitivo. Questo vuoi dire che essi cercano di portare i bambini a prendere coscienza dei propri processi di pensiero. Chiedono di pensare al modo in cui fanno le cose, cioè di riflettere e di analizzare i processi e le strategie che impiegano. In generale, i bambini devono poi pianificare degli approcci sistematici alla soluzione dei problemi e alla fine riassumere i processi cognitivi e le strategie cui hanno fatto ricorso per acquisire delle informazioni o per risolvere dei problemi.

 

Una sola persona può fare tutto ciò?

Certamente no, in ogni caso non per tutto il tempo e in ciascuna delle sue interazioni con i bambini. La mediazione a tempo pieno è un obiettivo che non sarà probabilmente mai raggiunto. In effetti, in qualunque aula scolastica e con qualunque gruppo di bambini si verifica davvero un numero enorme di interazioni e si profilano troppe opportunità potenziali di mediazione perché sia possibile approfittare di ognuna di esse. Ciò che però si deve valutare attentamente è se siamo abbastanza consapevoli delle possibilità di mediare ai bambini il significato generalizzato del loro apprendimento e se, nel corso di questo processo, facciamo davvero tesoro dell'insieme delle strategie disponibili, pur contribuendo al loro perfezionamento.

 

 

Carl Haywood * Co-fondatore e Membro Permanente del Comitato Esecutivo della IACE, Professore Emerito di Psicologia, Vanderbilt University, Nashville, Tennessee, USA

 

Bibliografia

Haywood, H. C. (1989). The future of thè Learning Centre model. In M. Samuels & R. Brown (Eds.), Research and practice in learning difficultìes: A demonstration model (pp. 174-189). Toronto: Lugus Productions.

Haywood, H. C. (1995a, September). Cognitive early education: A key to school success. Invited address presented at thè International Congress on Cognitive Education, University of Zaragoza, Spain. (Available from author)

Haywood, H. C. (1995b, November). Cognitive early education: Confluence ofpsychology and education. Keynote address presented at Second International Congress on Psychology and Education, Madrid. (Available from author)

Haywood, H. C., Brooks, P. H., & Burns, S. (1986). Stimulating cognitive development at developmental level: A tested, non-remedial preschool curriculum for preschoolers and older retarded children. In M. Schwebel & C. E. Maher (Eds.), Facilitating cognitive development: Principles, practices, andprograms (pp. 127-147). New York: Haworth Press. Also published in Special Services in the Schools, 1986, 2 (Spring).

Haywood, H., C., Brooks, P., & Burns, M.S. (1992). Brighi start: Cognitive Curriculum for Young Children. Watertown, MA: Charlesbridge Publishers.